1 Φεβρουαρίου 2010

La festa è finita (e la luna di miele anche)

Δημοσιεύτηκε στη μηνιαία εφημερίδα «Eureka» (Φεβρουάριος 2010)

A chi qualche mese fa' si poneva la domanda perchè mai un premier impopolare e sicuramente destinato alla sconfitta dovesse scegliere le elezioni anticipate, gli sviluppi delle ultime settimane hanno fornito delle risposte inequivoci. Costas Caramanlis conosceva, anche se ovviamente non ammetteva, lo stato miserabile dell' economia greca e soppratutto della finanza pubblica. Piuttosto che cercare di salvare il salvabile, ha semplicemente preferito di consegnare le chiavi del governo (e, con ciò, tutte le patate scottanti) al suo successore. E con questa sua mossa brillante si è assicurato la dubbia distinzione di essere passato nella storia come il più inadequato di tutti i premier degli ultimi 35 anni, capo del peggior governo della terza repubblica.

Ma questa è, appunto, storia. Il presente è un brutto risveglio per una intera società, non solo per il nuovo governo. Le rassicurazioni del leader socialista Giorgio Papandreu in campagna elettorale ("i soldi ci sono, basta saper spenderli bene") adesso suonano vuote. Ma è un fatto che il nuovo premier ha scoperto le vere dimensioni della crisi solo dopo le elezioni. E adesso si trova in una situazione di emergenza: è costretto a tentare di attuare il suo programma mentre allo stesso tempo cerca di scongiurare la bancarotta. Difficile immaginare delle condizioni peggiori.

Bisogna sottolineare che la crisi economica-finanziaria mondiale ha innescato ma non ha creato la crisi greca. Quest'ultima ha delle radici molto più profonde. L'economia greca ha registrato negli ultimi anni tassi di crescita sopra la media europea. Ma si trattava di una crescita alimentata dai fondi europei, dalle grandi opere, dalla bolla edilizia. Una crescita senza sviluppo, basata su una struttura produttiva invecchiata, come peraltro manifesta la perdita continua di competitività. Le riforme necessarie per invertire questa tendenza vengono spesso e ritualmente elencate: mercati di prodotti e mercato di lavoro, pensioni e welfare, istruzione e sanità, amministtrazione pubblica e giustizia. Ma l'abbinamento di una società sospettosa e frammentata a una politica miope e timorosa (spesso priva di senso dello stato) ha frustrato qualsiasi tentativo di una loro attuazione.

L'ingresso in Europa e poi nell'unione economica e monetaria ha regalato stabilità, ma allo stesso tempo ha messo in evidenza le debolezze di base dell’economia greca. L'euro forte significa che i prezzi dei prodotti industriali (da mobili a automobili, da indumenti a computers) sono scesi in termini reali, e qualche volta anche nominali. Si tratta ovviamente di prodotti di importazione, che hanno aggravato un bilancio esterno già in deficit. Dall'altra parte, i servizi (compresi quelli legati al turismo, teoricamente la carta vincente di questo paese), soppratutto quelli rimasti relativamente isolati dalla competizione mondiale, costano troppo e offrono una qualità spesso deludente.

Nel frattempo, i consumi sono cresciuti, e con ciò l'euforia e la compiacenza. Certo, non tutti hanno guadagnato ugualmente, e tanti hanno perduto. Ma la festa c'è stata. E gli anni delle vacche grasse – nonostante i nodi rimasti irrisolti – hanno avuto l'effetto cumulativo di ubriacare (se non di drogare) l'economia, e non solo: anche i costumi, e perfino il nostro modo di vivere. Detto brutalmente, la Grecia ambisce a un tenore di vita diciamo europeo con una cultura imprenditoriale balcanica, e tradizioni lavorative levantine.

Lo spettacolo degli ultimi giorni è istruttivo: una dopo l'altra, le varie categorie difendono accannite i loro interessi più privati alla barba dell'interesse pubblico, dell'emergenza della crisi, e perfino del buon senso. Agricoltori e impiegati pubblici, con gli impiegati degli uffici delle entrate in testa, si aggrappano ai loro privilegi. Chiedono dal governo di lasciarli in pace, di risanare i conti altrui, di garantirgli ancora un po' di vita facile. I politici precedenti sono tutti dalla loro parte: negli ultimi anni chi era in grado di ricattare il resto della società lo faceva allegramente e senza scrupoli – e di solito veniva incoraggiato dall'opposizione e premiato dal governo. Come dimenticare i 500 millioni di euro concessi dal governo conservatore agli agricoltori giusto un anno fa' (dato che gennaio è il mese dei blocchi autostradali)?

Sta qui la difficoltà di questa crisi: nel fatto che è manifestazione inevitabile di un declino più profondo, politico e sociale più che economico. Ed è per questa ragione che affrontarla non sarà facile. Richiede una maturità che francamente non si riesce ad intravedere.

Al nuovo governo, finita piuttosto in fretta la luna di miele, non resta che far appello alle energie migliori del popolo greco. Parlare con franchezza della profondità di questa crisi. Chiedere sacrifici a tutti, in funzione della ricchezza di ognuno. In altre parole, promettere un'austerità equa. E intanto garantire il buon governo. Una sfida enorme, per una posta in gioco decisiva.