Δημοσιεύτηκε στη μηνιαία εφημερίδα «Eureka» (Δεκέμβριος 2003)
Chi abita o lavora ad Atene si ricorderà sicuramente dello sciopero degli «operatori ecologici» di fine ottobre e le montagne di immondizia -abbandonata sulle strade della città e diventate, per un paio di settimane, un aspetto sgradevole del paesaggio urbano. Chi scrive, probabilmente per perversione professionale - da studioso dello stato sociale - è rimasto particolarmente colpito da una tra le molte cause di questo sciopero. Coloro che raccolgono l’immondizia chiedevano, infatti, che la loro categoria fosse riconosciuta come una tra quelle che pratica «lavori pericolosi e logoranti», un riconoscimento tra l’altro già concesso dal governo e previsto da un apposito disegno di legge (anche se, incredibilmente, non comunicato in tempo agli scioperanti).
Ma perchè è così importante un tale riconoscimento? Che benefici porta alle categorie interessate? La risposta breve è: la possibilità di anticipare la pensione di cinque anni. Per una risposta più completa si dovrà leggere questo articolo fino alla fine.
L’origine dei «lavori pericolosi e logoranti» risale agli anni trenta, quando questa copertura fu estesa ai lavoratori nelle miniere sotterranee, un gruppo di operai che chiaramente lavoravano in condizioni pericolose e spesso addiritura mortali: oltre agli incidenti non rari, la durata media di vita di questo gruppo era sensibilmente inferiore rispetto alla media generale della popolazione. Dunque, offrire la possibilità di anticipare la pensione ai minatori era una decisione di pura equità oltre che di buon senso.
Ma ormai da tempo in Grecia non esistono più né miniere né industrie pesanti. Quella poca industria che c’è, è di tipo «leggero». Il settore agrario (che comunque non ha mai goduto di scorciatoie pensionistiche di questo genere) è in declino numerico. Infine, la maggior parte dei posti di lavoro si trovano nella vasta economia di servizi. Ciò nonostante, a causa dello sviluppo perverso del sistema pensionistico (e sopprattutto del suo carattere non a caso definito particolaristico-clientelare), il regime speciale dei «lavori pericolosi e logoranti» copre oggi nientemeno che 760 mila contribuenti dell’IKA (40% del numero totale degli iscritti a questa cassa pensioni).
La lista delle categorie coperte è piuttosto divertente: include i barbieri e le parrucchiere (ma non le manicuriste), i capi camerieri (ma non i semplici camerieri), i presentatori della TV (ma non della radio) e così via. È da dubitare che ci sia una sola persona tra le categorie interessate che creda veramente che praticare l’arte parrucchiera o seguire la vocazione dell’anchorman riduca la durata media della propria vita.
Ci si potrebbe aspettare da un governo dichiaratamente modernizzatore come quello ellenico, che il ripristino dell’equità di trattamento fra contribuenti sarebbe stata una delle priorità della sua politica sociale. Al contrario, la legge 3029/2002 prevede l’estensione del regime speciale dei «lavori pericolosi e logoranti» agli impiegati statali. Non sorprende dunque l’entusiasmo del sindacato interessato (ΑDEDY) di partecipare ai lavori della commissione ministeriale che ha il compito di definire la lista delle categorie interessate. La proposta di ΑDEDY prevede l’inclusione dei lavoratori delle carceri, dei restauratori di opere d’arte, dei veterinari, e di tantissimi altri gruppi.
Ma tutto questo comporta alcune considerazioni perché si tratta di un problema piuttosto serio. Se il 40% dei contribuenti può anticipare la pensione perché pratica «lavori pericolosi e logoranti», un altro 10% perchè ha figli minori (ormai 16-17enni), un altro ancora 10% per via di altri regimi speciali, allora chi va in pensione all’età prevista di 65 anni? Forse solo i docenti universitari, alcuni dei quali (secondo una leggenda metropolitana) arriverebbero anche a falsificare i certificati di nascita per poter rimanere alle loro cattedre oltre l’età prevista.
Invece, vie d’uscita dalla commedia dei «lavori pericolosi e logoranti» esistono. Prima di tutto c’è bisogno di un maggior impegno di tutte le parti sociali per rendere tutti i posti di lavoro più sicuri (compresi quelli veramente pericolosi soprattutto nei subappalti delle opere Olimpiche, dove decine di immigrati hanno finora perso la vita – ma di quello non si parla molto spesso). Poi l’esperienza internazionale insegna che piuttosto che offrire il prepensionamento si dovrebbe pensare a possibilità di trasferimento da lavori logoranti a posti meno faticosi. Qualche anno fa, il leader storico del sindacato italiano Bruno Trentin parlò ad Atene delle sue proposte di far fare agli ex-poliziotti ancora giovani il mestiere di vigile all’uscita delle scuole. Invece i nostri sindacalisti sembrano pensare che lavorare è sempre e comunque una cosa brutta, e che prima finisce meglio è.